PREMESSA Il termine mindfulness, letteralmente consapevolezza, inizia ad essere utilizzato negli anni 80 da Kabat – Zinn che sviluppa un programma denominato MBSR (Mindfulness based stres reduction). Questa pratica nasce da un’esigenza di Kabat – Zinn, il quale si accorge che gli eventi stressanti della nostra vita, se non elaborati, possono portare a conseguenze negative sul piano psicofisico. Lo stress è una situazione naturale, fisiologica, che accompagna l’uomo fin dalle epoche primitive. Ha permesso all’uomo di evolvere il proprio stato e di progredire nel tempo. Lo stress quindi fa parte del processo di adattamento dell’uomo che deve saper dare una risposta efficace ad un evento esterno o interno (stressor) che mira a destabilizzare l’equilibrio della persona. Lo stress, se pur sia una condizione naturale che permette agli individui di adattare le proprie risposte, protratto per lungo tempo può avere ripercussioni negative sulla nostra salute fisica e mentale. Lo stress non può essere eliminato dal nostro corpo ma può essere preso in considerazione ed elaborato. Ed è in questo momento che interviene la mindfulness, intesa come la capacità di portare l’attenzione sul momento presente al fine di mantenere la consapevolezza sugli eventi immediati e di permettere alle persone di adottare uno spirito critico necessario ad un’analisi delle proprie esperienze. La mindfulness non si concentra sugli eventi esterni ma su quelli interni, che si riferiscono al nostro corpo. Permette di analizzare quali sono gli effetti di un evento stressante su di noi e quale è la nostra risposta a questo stressor.
MINDFULNESS E PSICOMOTRICITA' NEUROFUNZIONALE: I PUNTI IN COMUNE Al centro della mindfulness c’è il nostro corpo, inteso come un’esperienza diretta di ciò che siamo. Attraverso questa pratica cerchiamo di ascoltare ciò che il nostro corpo ci dice. L’uomo moderno, con difficoltà sempre maggiori è in grado di portare l’attenzione su di sé. Di conseguenza le situazioni stressanti, oltre ad essere sempre di più, rimangono anche inconsce e non elaborate. Mindfulness, stressor, stress e adattamento sono termini strettamente connessi alla psicomotricità neurofunzionale: la mindfulness è legata al concetto di percezione corporea inteso come la capacità di volgere la propria attenzione sul proprio corpo, gli stressor non sono altro che situazioni problema che permettono di stimolare il nostro adattamento e quindi la nostra funzione di aggiustamento. Credo che lo psicomotricista neurofunzionale, quando stimola la funzione di interiorizzazione consentendo al soggetto di portare a livello corticale e quindi cosciente le informazioni che giungono dai canali sensoriali, stia adottando un aspetto comune alla mindfulness. Lo psicomotricista infatti, nel suo operato lavora quotidianamente per permettere che le persone possano passare dalla fase esplorativa alla fase percettiva oscillando continuamente tra la funzione di aggiustamento e la funzione di percezione. Nel corso della fase esplorativa l'attenzione dell'individuo è indirizzata solamente allo scopo da raggiungere e le informazioni sensoriali non sono coscienti. Nella fase percettiva l'educatore ha un ruolo determinante nel permettere all’individuo di spostare l'attenzione verso i dati percettivi significativi. Gli imput dell’educatore permettono al soggetto di indirizzare la propria attenzione e di selezionare gli stimoli. Lavorando sul corpo quindi, stiamo agendo anche sulla funzione di veglia. Il movimento infatti possiede due componenti: la componente TONICA che dipende essenzialmente dal sistema diffuso e determina il tono di base e la componente FASICA, da cui dipendono le prassie ed ha funzione operativa. Esistono dunque due sotto-strutture all'interno del sistema nervoso centrale, l'una che trasporta energia, l'altra veicolo di informazioni ascendenti e discendenti. Il sistema energetico, rappresentato dalla formazione reticolare che funge da trama al sistema nervoso specifico, è un vero e proprio accumulatore di energia con un'attività propria, alla quale si aggiunge, costantemente, la somma delle afferenze sensoriali che giungono all'organismo. Questa funzione energetica viene esercitata in 2 direzioni:
verso il MUSCOLO a livello del quale essa mantiene un tono intrinseco (TONO DI BASE)
verso la corteccia cerebrale a livello della quale determina una certa soglia di vigilanza
ATTENZIONE e TONO DI BASE sono per questo motivo collegate. La funzione di vigilanza rappresenta una e vera e propria FUNZIONE PSICOMOTORIA, al tempo stesso corporea e mentale, ritmata dai bisogni organici il cui soddisfacimento dipende dall'ambiente. In sintesi, attraverso la percezione corporea possiamo modulare la soglia di vigilanza in funzione del raggiungimento dello stato di EUTONIA che ci permette di essere vigili su quelli che sono i dati sensoriali. Questa metodologia può essere messa in pratica già intorno ai 3 anni di vita quando nel bambino inizia ad emergere la funzione di interiorizzazione che permette di rivolgersi a sé stesso e avviare un processo narcisistico. In questa fase il lavoro di percezione corporea servirà essenzialmente per arricchire lo schema corporeo per esempio associando il nome ad una determinata parte corporea. Crescendo il bambino scopre sempre di più il proprio corpo: diventa consapevole delle proprie articolazioni e del loro grado di movimento, è in grado di “sentire” il grado di tensione e di rilassamento dei propri muscoli, diventa capace di portare l’attenzione sul proprio corpo durante lo svolgimento di una prassia. Abituare i bambini a sentire il proprio corpo ci permette di lavorare preventivamente su requisiti psicomotori necessari all’apprendimento della lettura e della scrittura. Equilibrio posturale riflesso, controllo tonico, Lateralità e orientamento egocentrico sono aspetti deficitari nei DSA strettamente legati a quella che è l’immagine di schema corporeo. Le ricerche della dottoressa Elena Simonetta dimostrano che i bambini con DSA hanno un’immagine deficitaria del proprio corpo e di conseguenza non sono padroni della propria condotta. Secondo la dottoressa, all’origine dei disturbi di apprendimento c’è una mancata integrazione psiche – soma causata da disturbi dell’attaccamento. I dsa devono essere visti quindi sotto un’ottica multifattoriale che mette al centro il corpo. Lavorare sulla percezione corporea è di fondamentale importanza sia nella prevenzione di DSA sia nel recupero delle funzioni e dei fattori psicomotori essenziali all’apprendimento.
La percezione corporea può essere benefica anche nell’adulto perché permette di riportare a livello corticale l’immagine che si ha di sé. Molte volte questa immagine rimane latente fino a quando non si porta questa specifica attenzione sul proprio corpo. L’adulto comunica con quella che è una vera e propria memoria corporea. Tensioni muscolari possono essere segni rivelatori di traumi più profondi e nascosti (stress). Percepire il corpo aiuterà l’adulto a prendere coscienza del proprio stato di stress, a diventare consapevole del proprio corpo e di conseguenza a dare una risposta, quindi ad aggiustarsi, a questa situazione problematica. Mindfulness e percezione corporea arricchiscono la nostra funzione di aggiustamento permettendoci di diventare padroni della nostra condotta.